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mercoledì 28 settembre 2016
L'ASSEMBLEA CITTADINA DI CA' BIANCA SI MOBILITA PER SCONGIURARE L'ARRIVO DI NUOVI PROFUGHI E MIGRANTI NELLA EX BASE MILITARE
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Prima che succeda, Ca' Bianca mette le mani avanti e chiede il coinvolgimento dell'intera comunità clodiense. Lo scopo dell'assemblea cittadina di ieri sera nella frazione, partecipata anche oltre la cerchia degli abitanti strettamente coinvolti, era di fare il punto sulla paventata emergenza migranti che ricadrebbe -secondo le notizie di stampa- sulla ex base militare vicina al piccolo abitato di Ca' Pasqua. Il comitato civico presieduto da Davide Tiozzo ha invitato l'amministrazione comunale, le forze politiche e gli esponenti delle categorie economiche legate al turismo, per conoscenza della materia, oltre ai rappresentanti delle altre frazioni (vedi caso Bragosso): l'invito è stato raccolto dalle consigliere di maggioranza Ilaria Lunardi, Daniela Sassi e Daniele Padoan e da quelli di opposizione Beniamino Boscolo, Marco Dolfin, Marcellina Segantin e Romina Tiozzo, assente una delegazione del PD.
Al presidente Davide Tiozzo spetta il compito di una pacata e ragionevole introduzione: «Abbiamo paura di come verrà gestita la questione, non delle persone in sé. Soprattutto osservando le realtà limitrofe. Siamo una piccola comunità, non abbiamo scuole e nemmeno una sede delle forze dell'ordine, distiamo 10 km dalla caserma più vicina. Se succedono rivolte siamo in apprensione». Tra l'altro gli scuolabus sono mezzi pubblici e chiunque può salire: «L'aspetto sanitario è fondamentale e non abbiamo assicurazioni. Ci sono stati tre casi di legionella a Vigodarzere in circostanze simili». L'aspetto umano è di primaria importanza: «Queste persione vengono spostate da una parte all'altra come bestiame, non è consono a una civiltà nel 2016. Chiunque venga recintato e lasciato là per un anno a far niente può andare in escandescenze e creare difficoltà. Anche noi chioggiotti chiusi in un recinto non so quanto dureremmo assieme. Non sappiamo se verranno ammassati 50 o 100 o un numero maggiore di unità, ma il sovraffollamento della ex base di Conetta è un problema sociale». Sta di fatto che alla data odierna non c'è alcuna informazione che sia giunta al Comune: il comitato si è attivato da subito, con una riunione del direttivo non appena sono uscite le ipotesi sui giornali.
La vicinanza ai centri più abitati dovrebbe indurli ad analoghe riflessioni: «I popoli non li ferma nessuno, quando si spostano nel Mediterraneo. Quindi la strada tra Ca' Bianca e Sottomarina è irrisoria, le scelte dei governi stanno creando problemi ai Comuni che vivono di turismo», dice Davide Tiozzo. Perché «le persone si integrano in piccoli gruppi inseriti nei vari Comuni, non nei ghetti. Il problema più grosso è che ci sono Comuni che non ne hanno manco uno, vedi Cavarzere. Diventa sbagliato reperire un sito fregandosene del fatto che in quel Comune già ci siano ospiti, mentre gli accordi Stato-Regioni parlano di 3 migranti ogni mille abitanti». Tiozzo è geometra e avanza anche altri motivi di preoccupazione: «La ex base militare non è salutare, c'è eternit e versa in stato di abbandono con umidità: per forza andranno messi dei prefabbricati, va controllato il suolo e il sottosuolo per la compatibilità. Ma le nostre sono zone di bonifica, non sabbiose come a Sottomarina. Sotto c'è la torba, le strutture si piegano e inclinano». E non solo: di fianco alla base, divise da una sola rete, vivono tre famiglie che vanno ulteriormente protette.
La parola è poi andata alla consigliera comunale del MoVimento 5 Stelle, Ilaria Lunardi, che vive nella frazione: «Avverto le stesse sensazioni di Davide, abitando a Ca' Bianca. Come M5S siamo contro i lager, e quello lo diventerebbe. Non dovrebbero essere permessi dalla legge. Ospitiamo queste persone, ma non in tale situazione, che non dà la possibilità di integrarsi attraverso lavori socialmente utili. Restare rinchiusi senza poter fare niente sfocia logicamente in comprensibili meccanismi di rabbia e stress». L'amministrazione sta facendo il possibile, sostiene Lunardi: «Abbiamo chiesto un incontro al prefetto Morcone a Roma, attendiamo la definizione di una data. Gli diremo assolutamente no all'apertura della base, intanto andremo in piazza da cittadini». Lunardi chiede la solidarietà di Chioggia e di Sottomarina: «La cosa non deve fermarsi al nostro piccolo mondo, agli ottocento di Ca' Bianca e Ca' Pasqua». Ribadisce infine il sì all'integrazione e all'accoglienza «con numeri limitati. Lavoriamo su questo. Sono la prima a temere che se aprono le porte a “pochi”, poi ne metteranno tantissimi. Non è possibile impiegare due anni a controllare lo status di un rifugiato».
Prende vigore in sala il dibattito sull'opportunità di una manifestazione di piazza, non contro migranti (che non vogliono vivere nei centri d'accoglienza e magari neanche in Italia, bensì raggiungere i parenti e opportunità di vita nei Paesi del nord Europa) bensì contro le scelte istituzionali e i timori di sovraffollamento rispetto alle decisioni iniziali, come è stato per Conetta. Alcuni si chiedono anche quale cooperativa sarebbe chiamata a gestire il centro nella ex base.
A quel punto interviene Giorgio Bellemo, presidente di Ascot, il cui discorso “provocatorio” è basato su fatti e vicende personali: «Il problema va oltre questa o quella frazione, ma investe il concetto di accoglienza, se la si vuole fare, e come affrontarlo. Il 14 agosto 2015 subisco un incendio doloso a Pontelongo. L'indomani il prefetto dà notizia della collocazione di dieci profughi, tutti maschi, del Bangladesh, a casa mia (una struttura con varie case comunicanti, parte di queste erano state poste sotto sequestro). Li segue una cooperativa di Mirano, il Comune l'ha saputo a mezzanotte. Sono andato dal viceprefetto a Padova ma mi ha detto che non gliene può fregare di meno, e di stare solo attento a che non si facciano male. Eppure non c'è guerra in Bangladesh, ma queste persone lavoravano in Libia. Tra le loro abitudini vi è prendere il sole integrale, nonostante la presenza di mia figlia piccola e di mio suocero. Abbiamo anche i mediatori culturali, sono due insegnanti, uno dei quali marocchino. Dopo un anno, alcuni bangladesi chiedono il permesso di soggiorno, che consente di stare in Italia per un anno alla ricerca di un lavoro: due me li sono ritrovati in spiaggia a vendere amuleti. E qui scatta il mio ruolo professionale, di presidente dei concessionari balneari: i miei associati sono controllati tutti i giorni dalla Guardia di Finanza, Vigili del Fuoco, Capitaneria di Porto, ispettorato del lavoro, Inail, mentre queste persone no, e nemmeno le loro auto in sosta. Io vi invito a scoprire di persona questa realtà. Ho una storia comunista, ma se quello che ho detto è essere razzista, allora lo sono». La vibrante presa di posizione di Bellemo ha scosso l'ambiente, conducendo alla fine della serata a riaggiornare la seduta in presenza di eventuali novità.
3 commenti:
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Grande giorgio bellemo
RispondiElimina(...) "Non si può fermare il vento con le mani"...
RispondiEliminaNon vedo né carattere né determinazione né organizzazione nella nostra amministrazione Grillina per fermare questa nuova richiesta per i migranti
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