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martedì 8 gennaio 2019
RISSA IN LUNGOMARE, IL PADRE DI MARCO MARANGON: "MIO FIGLIO COLPITO PER UNO SCAMBIO DI PERSONA"
Ha visibilmente il cuore in mano Elvis Marangon, quando chiede di incontrare la troupe di Chioggia Azzurra. È il padre di Marco, 21 anni, che sabato notte si era trovato nella rissa scoppiata in lungomare tra un gruppo di coetanei chioggiotti, due fratelli italo-tunisini e un altro ragazzo di origine straniera: Marco Marangon era stato arrestato in flagranza dai carabinieri, assieme agli amici Silvano Penzo e Simone Minou, e ieri ha patteggiato 6 mesi (pena sospesa) avanti il Tribunale di Venezia. Nella contesa, il giovane ha riportato un’escoriazione allo zigomo destro e un trauma cranico di lieve entità, smaltibile entro pochi giorni di prognosi; peggio è andata al cugino Alessandro -denunciato a piede libero- con due squarci al volto e alla nuca, suturati con 40 punti. Quel che preme ad Elvis Marangon è ristabilire quanto il figlio e alcuni testimoni diretti dei fatti hanno riportato: «Le baruffe in effetti sono state due», racconta l’uomo. «Nella prima erano coinvolte altre persone, una delle quali aveva addosso un giubbotto molto simile a quello di Marco. Quando il più giovane dei due fratelli tunisini ha contattato il maggiore, questi hanno visto Marco di spalle con un vestito simile a quello della persona che stavano cercando per rivalersi, e l’hanno spinto a terra. Così Silvano lo ha visto, e per soccorrerlo si è preso un colpo di punteruolo fra cuore e polmoni. Saputo delle botte inferte al cugino, mio nipote Alessandro è intervenuto, e in tre lo hanno accoltellato al volto e al collo. In quel frangente, Marco ha solo dato un calcio allo stomaco al tunisino per difendere suo cugino. Erano ubriachi e l’hanno confuso con un’altra persona». Al posto sbagliato nel momento sbagliato, quando la vera rissa era già finita: «Né le coltellate né il trauma cranico se lo sono procurati da soli, non sono sadici. E allora chi è stato?», chiede Elvis Marangon. L’avessero detto alla giudice senza patteggiare su consiglio del loro legale Giovanni Catanzaro (l’applicazione della pena su istanza delle parti riconosce comunque una responsabilità, e resta nella fedina penale), mostrando quale prova le ferite evidenti, forse qualcosa sarebbe cambiato.
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