«Chioggia è dunque terra emersa in mezzo a un sogno. Uno scalo che beccheggia sulle verdi acque della laguna, caratterizzate da una tipica densa torpidità propria di quel mondo effimero e misterioso, com’è l’isola del quotidiano vivere, nel fluido mondo dei nostri sogni.
Solo osservandola con gli occhi del sognatore, questa pittoresca città si svelerà ricca d’antiche tradizioni marinare e pescherecce, decorata dai vivaci colori delle imbarcazioni ormeggiate alle rive dei canali che la solcano al suo interno e la contornano nel perimetro.
Del tutto particolare è anche l’odore sempre presente del pesce, «prima de crùo e a mezo bòto sa de bon», che mette appetito e induce ad accelerare il passo per andare a pranzare. Dalle finestre aperte, infatti, la brezza marina ne raccoglie l’aroma per alitarlo poi nelle calli; una fumante arrostita di seppie e pesce azzurro, un profumo acetoso di ”sardèle in saore”, una fragrante frittura dell’Adriatico».
(Fulvio Spanio, “Omononda”, 2011)
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