«Non sono mai stata una bambina-femmina: se torno indietro negli anni mi rivedo infatti con il taglio corto “alla maschietto” giocare a soldati con mio cugino più grande e la sua banda di Vigo. (...) Verso le quattro del pomeriggio, tutti stesi sul “sasso bianco” della riva, con mezzo busto pericolosamente sospeso sopra lo specchio d’acqua, a pesca dei “diavoli marini”: affarini grigi e neri che si torcevano come viti e a cui veniva garantita la sopravvivenza in rustici acquari realizzati artigianalmente, con metà delle prime bottiglie in plastica. Ma ciò che più amavo erano le giornate di vento... si attendevano con trepidazione ed eccitazione certe giornate di bora per andare a pattinare alle “Case Operaie” dove la pavimentazione era la meno sconnessa di tutta la città. (...) E poi... c’erano i bagni in canale verso l’imbrunire, quando il sole si apprestava svogliatamente a inzupparsi il bordo del vestito nell’acqua; tutti si davano appuntamento nella curva che da canal Lombardo immetteva nella rivetta Vigo, proprio sopra la “scaletta”. (…) Un’altra mia ostinata pretesa: andare insieme ai ragazzi dalla signorina Baldo. Già, la signorina Baldo... come dimenticarla? Era un personaggio che sembrava uscito pari pari da un libro di fiabe. La Baldo era il simbolo strampalato e originale di Vigo negli anni che andavano a cavallo tra i Sessanta ed i Settanta. Piccola, rinsecchita, un po’ curva ma non piegata dall’età. Il viso incartapecorito, cotto a fuoco lento dagli anni e dai raggi del sole di chi conduce una vita all’aperto. Le sue rughe erano talmente profonde da sembrare intagliate. Era vestita di abiti poveri, scartati dal povero guardaroba di gente povera, e non si poteva certo dire che fossero puliti né che profumassero di lillà. Ma il pezzo forte era una vecchia bicicletta, di quelle che servivano una volta per consegnare il latte, quando ancora il lattaio Tonello lo portava di casa in casa in bottiglie di vetro, facendosi ritornare il vuoto. La signorina Baldo rappresentava per tanti bambini il mago Zurlì dello Zecchino d’Oro, la futura Mary Poppins che traghettava sorrisi dall’altra parte del canale».
(Antonella de Bei, “L’isola che c’era”, premio letterario Città di Chioggia 2010)
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