Primo giorno di “zona rossa” anche per Chioggia, dove migliaia di lavoratori pendolari si chiedono se potranno accedere al proprio luogo di lavoro a Venezia o a Padova, sapendo che per uscire dalla città bisogna attraversare inevitabilmente un tratto di quest’ultima provincia, almeno da Conche al bivio per Rosara.
Non sono segnalati, al momento, posti di blocco a Valli in entrata o in uscita; stamane infatti tantissime persone hanno affollato la spiaggia di Sottomarina dalla battigia alla diga, approfittando della bella giornata.
Ancora da definire invece la regolamentazione del traffico al ponte sull’Adige tra Cavanella e Rosolina, che segna non solo il confine provinciale, ma anche quello tra la zona rossa del Veneziano e l’area libera del Rodigino: molti i chioggiotti che abitano o lavorano di là del confine, e viceversa.
Nel primo pomeriggio, il prefetto di Padova Renato Franceschelli ha confermato che il decreto non blocca né attività né lavoro: dopo l'incontro del Comitato per l'ordine e la sicurezza pubblica nella Prefettura antoniana, è stata diramata una nota che prevede l'arrivo entro la giornata di un'interpretazione autentica ministeriale in merito agli spostamenti nella zona rossa.
È comunque emerso che nelle “comprovate esigenze lavorative” rientrano tutte le attività d’impresa, quindi il decreto non determina il blocco delle attività produttive e di lavoro, né tantomeno il blocco dei trasporti e della circolazione delle merci da e per le zone rosse. Rimane invece la chiusura dei locali pubblici, improrogabilmente alle ore 18.
I retroscena del decreto parlano di una frenata delle Regioni del nord dopo che era stata consegnata loro la prima bozza, quella circolata in prima serata. In particolare il presidente della giunta veneta Luca Zaia ha contestato l’estensione alle province di Venezia, Padova e Treviso, e ne chiede lo stralcio dal provvedimento, motivandolo con le controdeduzioni del Comitato tecnico-scientifico di supporto all’Unità di crisi insediata dalla Regione Veneto.
«A fronte di cluster circoscritti – scrive Zaia al governo - e che non interessano in maniera diffusa la popolazione generale, non si comprende la ratio di una misura che appare scientificamente sproporzionata all'andamento epidemiologico».
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