
Recuperato dopo quasi cinque giorni il corpo del povero Giovanni Pretto, il sub vicentino inabissatosi nel relitto dell'Evdokia il sabato di Pasqua, ricomposto ora all'obitorio dell'ospedale di Chioggia, a disposizione dell'autorità giudiziaria per un esame autoptico prima di venire pietosamente restituito ai genitori.
Le operazioni sono state lunghe e difficili, non solo per ritrovarlo ma anche imbarcare la salma sui mezzi di soccorso non è stato per niente facile: le squadre di sommozzatori si alternavano ogni 45 minuti, complessivamente si sono calati nello scafo una decina di elementi altamente specializzati, provenienti da Vicenza, Venezia, addirittura dal Lazio e da Bari. I vigili del fuoco hanno lavorato in sicurezza, ma il rischio c'è sempre anche per loro, che con abnegazione e senza il clamore dei media fanno il possibile e a volte anche l'impossibile per salvare vite umane.
Ciò che viene esclusa è la responsabilità del diving Isamar, è sicuro che il centro diretto da Narciso Devy Mantovan abbia offerto a Giovanni Pretto e al suo partner di immersione solo un passaggio verso l'area, non mettendo anche a disposizione una propria guida. L'amico è fortunatamente risalito dopo aver perso il contatto con Giovanni, ed è riuscito a uscire dallo scafo quasi per miracolo, non si sa come: le condizioni di visibilità all'interno dell'Evdokia erano davvero minime, confermano i marinai. Che ribadiscono: per accedere a una simile situazione è necessaria l'esperienza da relitto, serve un “filo d'Arianna” per cui se uno si perde sa come rientrare.
Resta ora il problema dell'Evdokia, da sempre un'attrazione per gli esploratori subacquei: l'immersione in loco non è vietata, ma è fortemente consigliato l'accesso solo adoperando le necessarie abilitazioni e precauzioni. Non si esclude del tutto che, a causa del sinistro, il sito possa prossimamente venire interdetto.

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