domenica 11 dicembre 2016

DALL'"ACQUA GRANDA" DEL 1966 UNA LEZIONE A CHIOGGIA PER IL PROPRIO FUTURO


la playlist degli interventi

Ricordare ieri per amministrare oggi e progettare domani. Questo lo scopo dell'incontro, da più parti definito preliminare, che la Fondazione Clodiense ha organizzato venerdì 9 dicembre a palazzo Grassi, per inaugurare la mostra “1966 – cronaca di un'alluvione”, visitabile al primo piano per il prossimo mese. Ospiti di rilievo: Carlo Alberto Tesserin, più volte consigliere regionale e ora Primo Procuratore di San Marco; Erika Baldin, che gli è succeduta -per il MoVimento 5 Stelle- a palazzo Ferro Fini, e l'ingegner Lucio Napetti, tecnico del Comune. Si diceva, lo scopo di questo primo passaggio non è solo rievocativo, ma nelle parole soprattutto di Tesserin si svela il bisogno di tornare ad agire politicamente a vari livelli per i bisogni di Chioggia, come accaduto appunto dopo il 1966 con l'avvio della legge speciale per Venezia che ha compreso anche la laguna sud solo grazie all'intervento coordinato degli amministratori locali e dei parlamentari del territorio. Giusto per fare un esempio, queste risorse sono servite fino al Baby Mose che protegge il centro storico dalle acque alte inferiori ai 130 cm sul medio mare, mentre intere zone di Venezia si allagano ancora non appena la marea sale. Sul piatto ci sono altre questioni irrisolte -anche in altri ambiti, vedi il tribunale trasferito e la probabile soppressione degli uffici del giudice di pace- e il metodo indicato dovrebbe poterle affrontare, con il pungolo della società civile: per questo si sta già pensando a ulteriori appuntamenti “trasversali” tra le forze politiche e gli eletti dai cittadini a vario titolo.

Al veterano Tesserin il compito di una memoria personale, per contestualizzare storicamente i fatti del novembre 1966: «Abitavo in piazzetta Vigo, la mia auto Fiat 600 azzurra era parcheggiata sotto l'albergo Italia. Alle 7.30 del mattino l'acqua arrivava al bordo delle gomme (un metro smm), alle ore 10 era a metà, a mezzogiorno al volante, alle 17 l'auto era coperta, ovvero stava due metri sotto il livello medio del mare. La “mia” centrale del latte era isolata, impossibile prelevare il latte dalle stalle, specie nelle zone di Valli e Piovini vicine alla laguna. Ma la percezione dello sfacelo si è avuta a Chioggia solo quando si è saputo che i murazzi settecenteschi di Pellestrina stavano cedendo e che l'isola veniva evacuata. Il mare stava entrando a San Marco, il mondo ha acceso la luce su Venezia, le cui condizioni andavano degradandosi di anno in anno. A Roma si comprese di intervenire immediatamente. Noi dovevamo far capire che Venezia si sarebbe salvata se si fosse salvata la laguna, comprese le isole e Chioggia». Tesserin legge uno scritto dell'allora sindaco democristiano Luigi Tomaz -recentemento scomparso- il quale appunta come la nota iniziale del ministro Lauricella non prevedesse manco la partecipazione di Chioggia agli organismi di gestione della legge speciale. «Ottenemmo invece il diritto a 10 miliardi per il restauro. e la presenza nella Commissione di Salvaguardia», attraverso il deputato comunista Renato Ballarin che rappresentò Chioggia a Roma dal 1968 al 1976.

L'ex consigliere regionale osserva che «oggi i temi di Venezia non sono più gli stessi di Chioggia, per quello dobbiamo trarre le conseguenze in modo politico, mettendo assieme trasversalmente i vari livelli cittadino, regionale, nazionale, europeo, altrimenti il capoluogo prevale sempre ed esclude il resto della città metropolitana». Come nel “Patto per lo sviluppo della città di Venezia” dove «il sindaco metropolitano Brugnaro vuole accentrare poteri a se stesso, mettendo i brividi al circondario. Sono 457 milioni di euro che non coinvolgono le altre realtà considerate dalla legge speciale come Chioggia e Cavallino Treporti. Non dobbiamo lasciare le cose andare come vanno». Se è vero che la prima legge speciale, più volte rifinanziata, ha portato al rialzo delle rive dei canali di Chioggia, all'impianto di depurazione, alle opere di compensazione del Mose, il lavoro non è certo finito: «L'amministrazione comunale -dice Tesserin- deve chiedere una riunione del Comitatone, pretendiamo quanto scritto nella legge perché nella legge ci siamo anche noi», e conclude ricordando come 5 milioni dei 56 stanziati dalla Regione per il disinquinamento arrivano appunto a Chioggia.

Dal canto suo la giovane Erika Baldin non manca di far presenti le indagini in corso sul Mose, sia riguardo i politici che gli imprenditori, e poi spara a zero sullo status quo del “Patto per Venezia”: «Esso si inserisce in un quadro di 24 accordi con le città, per complessivi 60 miliardi di euro. Solo che in altre città le risorse stimate sono state superiori a quelle destinate a Venezia, rendendole insufficienti ai suoi bisogni». Baldin avanza seri dubbi sulla copertura finanziaria dei fondi destinati all'ambiente -ovvero 400 milioni- e al turismo, 50 milioni: inoltre «soldi per Chioggia e l'area sud non se ne vedono. Questo si spiega -prosegue l'esponente stellata- con la funzione referendaria del patto, stipulato il 26 novembre. Era finalizzato a ottenere il “sì” pubblico di Brugnaro al referendum. Ma ora questo patto resterà in piedi, oppure venendo meno il governo Renzi -e avendo perso il “sì”- cadrà assieme ai suoi protagonisti?». La consigliera del M5S assicura che «faremo sentire la nostra voce nei tavoli in cui siamo inseriti, io ad esempio a livello regionale», ma a Tesserin risponde che «ci sono idee politiche molto diverse, scontri partono dall'alto». A proposito di Regione, Baldin stigmatizza un provvedimento passato sotto silenzio: la concessione di 56 milioni per opere di marginamento a Veritas e a Sifa, una società privata compartecipata dalla Mantovani SpA, quest'ultima coinvolta nel caso Mose. «Una pratica che rientra nella stagione veneta del project financing, ovvero una mazzata per la popolazione, perché la Regione si impegna a mettere il differenziale tra incassi e previsioni. Quindi se le cose vanno bene guadagna il privato, se vanno male ci rimettono i cittadini», conclude Baldin ricordando che se non si mette mano all'inquinamento incontrollato attorno alla laguna, nessuno promuoverà progetti innovativi di sviluppo.

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