«Città riflessa, città rifratta, semisommersa, affogata, boccheggiante, ma anche centrifuga, conflagrata, esplosa, schizzata, eppure allo stesso tempo inquietante e segmentata, inebriata del verde, degli smeraldi e del fondo, sognante, trasognata, ammutolita nel silenzio delle acque, trasecolata ed esterrefatta, città che non ha più voglia di contemplare se stessa ma, anzi, si sottrae alla logica degli sguardi e si fa altro da sé, si fonde con ulteriori possibilità di esistenza per ridursi alla purezza di ciò che forma non ha più perché ormai intatto, non misurato, non delimitato, e soprattutto indefinibile all’occhio umano. Questo è soprattutto lo statuto nel quale emerge Chioggia».
(Renzo Cremona, “Acquanauta”, 2016)
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