mercoledì 13 febbraio 2019

LO SCRITTORE GIULIO MOZZI E L'ACQUA ALTA DEL 1966 A CHIOGGIA

«Il quattro novembre del Sessantasei ci entrò in casa l’acqua. Aveva superate le barriere del porto di Chioggia. Aveva rotti in due punti i murazzi di Pellestrina. Anche la diga di Sottomarina a un certo punto finiva e riprendeva più in là, con l’acqua in mezzo. Acqua, solo acqua. Gli stabilimenti balneari a pezzi. Cose d’ogni genere che navigavano nelle strade. Ci portavano l’acqua minerale con la barchetta, i primi giorni. Dal rubinetto uscì acqua rossa per mesi. Ci arrampicammo sulle dune con mio padre, e il vento gonfiò la mia mantellina: volai, rotolai giù. Mi riportò a casa di corsa, lui bagnato fino alla cintola, io del tutto. Non mi ammalai: la tempra dei sei anni. Mentre spalavamo fango dalla cucina, la radio a transistor parlava di Firenze».

(Giulio Mozzi, “Che cosa ci faccio qui?”, Sironi editore 2004)

Nessun commento:

Posta un commento

Per inserire i commenti (purtroppo) è necessario inserire un proprio account Google -anche attraverso uno pseudonimo- con il quale commentare gli articoli, in quanto arrivano centinaia di commenti spazzatura con proposte oscene e non riusciamo più a gestire. Non è nostra intenzione schedare o rintracciare in qualche modo chi commenta anonimamente; anzi lasciamo in tal senso la massima libertà al lettore di non declinare le proprie generalità, restando però nell'ambito del buon gusto e della corretta educazione nel commentare senza offendere alcuno. Siamo certi di essere compresi in questa esigenza, e per questo Chioggia Azzurra ringrazia.