giovedì 13 dicembre 2018

SCOPERTA L'ESISTENZA DI UN PROGETTO PER UN PORTO OFFSHORE DESTINATO AI CONTAINER MERCI, TRE MIGLIA AL LARGO DI ISOLAVERDE: L'APPRENSIONE DELLA GIUNTA

Un porto offshore per grandi navi merci e container, meno di tre miglia al largo di Isolaverde. Non è fantascienza, ma un progetto in 178 pagine e 46 allegati presentato lo scorso 27 novembre dalla società VGate con sede in via Torino a Mestre (legale rappresentante Alessandro Santi) al Ministero dell’Ambiente per ottenere la Valutazione di Impatto Ambientale, e che è scoppiato come un fulmine nella serata odierna, attraverso una conferenza stampa indetta dall’amministrazione comunale -già peraltro alle prese con la vertenza del deposito di gpl in Val da Rio- non appena venuta a conoscenza del progetto. Il terminal intermodale d’altura, questa la definizione tecnica, si qualifica come una piattaforma a 2.8 miglia dalla costa per l’attracco delle navi, collegata alla terraferma da un largo ponte dotato di viabilità stradale e ferroviaria (con lo sviluppo di un presunto collegamento Chioggia-Mestre via Piove, solo per merci e tuttavia oggi fantomatico), più una pista cicloturistica legata al progetto Ven.To. che partirebbe dalla stazione di Sant’Anna e arriverebbe “dentro” il mare per una esperienza sensoriale full immersion, e un nucleo di pale eoliche per la produzione di energia pulita e rinnovabile sfruttando la forza del vento. Il dubbio ora è plasticamente espresso: si tratta di un libro dei sogni che passa sopra la testa dei decisori locali, di un ecomostro da mobilitazione istantanea (“addio Isolaverde”) o non invece di una infrastruttura necessaria allo sviluppo, se non al turismo?
Il primo passaggio è l’istruttoria per la VIA, in mano alla dottoressa Claudia Pieri del Ministero per l’Ambiente: tra le carte si legge che VGate (come a dire, il “cancello” o la porta di Venezia) è una soluzione al limite lagunare dei pescaggi, ovvero dei bassi fondali per l’arrivo di navi di una certa stazza -anche 12mila TEU, unità equivalente a 20 piedi- negli scali di Venezia e Chioggia, cui sarebbe per natura collegato aumentandone la capacità nel segmento container (+348% di qui al 2030 da Trieste a Ravenna), mitigando il traffico automobilistico a media e lunga distanza da e verso i porti stessi e la laguna, agendo all’interno del Sistema Portuale dell’Adriatico settentrionale. Per quanto riguarda la sostenibilità ambientale, l’impresa che avanza il progetto ha valutato diverse alternative, dalla laguna del Mort a Eraclea fino a Rosolina Mare e Porto Levante, poi la scelta è caduta su Isolaverde, la spiaggia più amata da tanti campeggiatori tedeschi e olandesi: VGate vuole essere un “green port” (ecoporto), con riduzione delle emissioni di CO2 riflesse -in quanto le navi che trasportano merce destinata al centro Europa farebbero scalo a Isolaverde anziché nei mari del Nord- oltre che per le tecnologie avanzate che verrebbero impiegate nella manutenzione ed esercizio dell’impianto. Quanto ai tempi, si prevedono tre anni per avviare il progetto dopo l’ottenimento della compatibilità ambientale, l’eventuale project financing e le gare; più 5 anni per i lavori, comprensivi delle opere viarie a terra, del ponte e della piattaforma. Lo stadio attuale, come si è detto, è la richiesta pendente di VIA, preventiva a qualsiasi concessione: il Comune ha 60 giorni per presentare i propri rilievi al Ministero per l'Ambiente.

Naturalmente la notizia non poteva lasciare impassibile l’amministrazione comunale di Chioggia, che nella prima serata ha inteso informare i cittadini di quanto sta avvenendo lontano da qui: nella sala polifunzionale del municipio, il sindaco Alessandro Ferro, il suo vice Marco Veronese, l’assessora all’urbanistica Elga Messina, il presidente del consiglio comunale Endri Bullo, il capogruppo Paolo Bonfà, i consiglieri Daniele Padoan ed Elisa Busetto: «Lo abbiamo recepito oggi stesso, nel pomeriggio», ha esordito il sindaco. «Dal progetto si evince che le navi trasporterebbero petrolio, gas e altri carburi. Ci siamo subito attivati per chiedere maggiori chiarimenti ai parlamentari del territorio e del M5S, e valutiamo la possibilità di una seduta urgente e straordinaria del consiglio comunale per informare la cittadinanza sul tema. Che ci preoccupa perché rischia di essere un fenomeno come il deposito di gpl, andato oltre la portata dell’amministrazione locale. Così su due piedi, non ci convince minimamente, per questo la comunicazione d’urgenza: il progetto rischia di compromettere il turismo balneare di tutta la costa, già soggetta a erosione ad ogni maltempo». Senza contare la presenza ambientale delle foci di Brenta e Adige, con il loro ecosistema floro-faunistico e le relative protezioni. La soluzione offshore, peraltro, è stata valutata compatibile alla bocca di porto del Lido di Venezia per quanto riguarda una possibile via d’uscita allo stallo relativo al transito in laguna delle grandi navi passeggeri.
Il timore della giunta, già scottata dal caso-gpl, è legato soprattutto alla movimentazione di petrolio e carburanti fossili: «Serviranno ulteriori documenti per avere una visione complessiva del progetto. Forse qualche documento è arrivato anche qui, faremo accesso agli altri. Si parlava di offshore anche ai tempi del sindaco di Venezia Paolo Costa, ma in quel caso non si sarebbe trattato di materiali a rischio». Ribatte Padoan: «Assurdo, se le navi petroliere non possono più entrare a Porto Marghera per via dei ridotti pescaggi in seguito ai lavori del MoSe, ora vogliono costruire un terminal petrolifero mettendo a rischio l’economia del litorale, fondata su turismo e paesaggio. Come si può anche solo concepire di costruire una cosa del genere, sulla foce del fiume, spacciandolo per pista ciclabile a fini “compensativi”?». Il progetto è ormai pubblico attraverso la VIA, e tutti i dettagli sono disponibili nella ricca documentazione online, ma questo aspetto non fa comunque stare tranquilli Ferro e i suoi: «Comunque la si veda, è una iniziativa preoccupante e non condivisa in precedenza, a freddo legittimamente ci impaurisce e spaventa come amministrazione. I numeri (si parla di 770mila tonnellate di prodotti) fanno rabbrividire un luogo così piccolo, in una collocazione sensibile di fronte la spiaggia». Per Chioggia, Sottomarina e soprattutto Isolaverde inizia così un altro periodo storico di passione, dove le ragioni dell’ambiente e della vivibilità possono confliggere con quelle dell’economia e delle opportunità di crescita: l’importante, mai come ora, è saperlo prima e senza giocare allo scaricabarile dopo.
Dal canto suo, l'azienda mestrina smentisce che nell'eventuale porto offshore di Isolaverde verranno trattati petroli o altri idrocarburi, bensì container di merci provenienti per lo più dalla Cina e dall'Estremo Oriente. Alessandro Santi, l'amministratore delegato di VGate, ha 52 anni ed è CEO del gruppo Santi Marine Consulting per le spedizioni logistiche marittime e terrestri, nonché presidente dell’Assoagenti Raccomandatari e Mediatori Marittimi del Veneto: al microfono di Chioggia Azzurra ha detto che «VGate ha 3 mesi e il progetto ne ha 12, cerca di risolvere la limitazione dei pescaggi all’interno della laguna per le navi container più grandi a causa del MoSe, ed è l’evoluzione del progetto che fu di Paolo Costa. L'idea è ora allo scoping, fase preliminare della VIA: a tal proposito ho chiesto incontro al sindaco di Chioggia perché abbiamo la sensazione che abbia informazioni sbagliate. Nessuna pipeline o combustibile è coinvolto, ma solo e unicamente container. Il grosso delle 178 pagine e dei 46 allegati riguarda le compatibilità ambientali: abbiamo interesse al dialogo con le parti locali. Prima ancora della VIA, si valuta l’idea prima del progetto, di collegamento tra Venezia e Chioggia nel quadro dell’Autorità di Sistema dell’Adriatico settentrionale».

LA PLAYLIST VIDEO DEGLI INTERVENTI:

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