«In entrambe le esperienze ciò che più mi colpì di Chioggia non fu tanto la imbronciata fantasia del suo popolo; non la bellezza quasi oscena -tanto è sparsa e diffusa e priva di difese- delle sue calli e delle sue volute architettoniche: quello che mi folgorò fu la luce. La luce di Chioggia non ha a che fare con il sole, con il cielo, con l'orizzonte. E nemmeno con il mare e la laguna: Chioggia possiede una luce che viene dalla terra, dal basso. A qualunque ora del giorno tu intenda immortalarla, devi sempre fare i conti con un grumo di luce tanto impalpabile quanto onnipresente, che nasce dalle cose, dalle pietre, dalle radici, dalla terra».
(Giancarlo Marinelli, "Chioggia e la sua laguna nel docufiction dedicato a Sabbadino", rivista Chioggia 2013)
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