Pasqua è alle spalle, ma al mercato ortofrutticolo di Brondolo è stata un'altra mattinata di passione per il comparto che ruota attorno al radicchio di Chioggia. Il "principe rosso", conferito oggi in grandi quantità (mille quintali), è stato scambiato a cifre variabili da 20 ad addirittura 10 centesimi il kg a seconda della qualità: una mazzata insostenibile per i coltivatori e per tutti gli anelli della filiera, ovviamente esposti e come e più di altre categorie agli effetti del contagio in atto.
E in queste settimane anche l'asta del prodotto, solitamente effettuata "all'orecchio" come avviene al mercato ittico, ha dovuto essere ripensata per far fronte alle disposizioni che impongono la distanza di un metro tra gli operatori: «Abbiamo messo a punto un'applicazione telefonica - dice il direttore della struttura, Pietro Cigna - attraverso la quale le quotazioni "in diretta" vengono comunicate ai possibili acquirenti. In alternativa, per chi non ha scaricato l'applicazione, ricorriamo ai più tradizionali biglietti scritti. Anche gli altoparlanti ripetono in continuazione le misure da osservare per essere in regola.
Al mercato stamane c'erano anche Guido Boscolo Bielo e Nicola Boscolo Papo, due degli agricoltori che ieri e nei giorni scorsi hanno deciso di distruggere una parte del loro prodotto, che con cura hanno coltivato da Natale a oggi: «Chi ci rimette siamo sempre noi, portarlo al mercato non conviene rispetto a lasciarlo marcire nei campi». È stato calcolato l'impiego di circa 10mila euro a ettaro per produrre il radicchio di Chioggia.
Per essere sollevati appena dei costi, la quotazione all'ingrosso dovrebbe andare almeno a 70/80 centesimi il kg: «Il mercato locale non è sufficiente - dicono i due - e nemmeno la trasformazione può bastare. Servono risorse economiche urgenti e la riapertura dei mercati esteri, perché la produzione ormai non è orticola quanto invece industriale». La speranza è che il loro grido di dolore, lanciato da sopra una fresa pronta a distruggere l'ortaggio raggiunga le sedi opportune.
Anche chi lavora nel commercio subisce le stesse conseguenze: «La situazione è a dir poco drammatica - afferma Mirko Tiozzo Fasiolo dell'omonima impresa - considerando che viene commercializzato al massimo il 30% dello standard abituale. Il prodotto stoccato nei mesi freddi per essere venduto nelle scorse settimane è rimasto nei frigoriferi a seguito del lockdown internazionale, per cui delle due l'una: o si vende il radicchio "vecchio" oppure quello nuovo.
Le cose cambieranno quando riaprirà il settore hotel, ristorante, catering, e soprattutto le esportazioni». Tiozzo non è ottimista: «Qualsiasi contributo verrebbe valutato come "aiuto di Stato" e quindi non consentito. La verità è che l'intera produzione, anche di insalata, asparagi, fragole nelle altre zone, è stata messa in ginocchio».
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