venerdì 3 aprile 2020

MARTEDÌ IL RADICCHIO DI CHIOGGIA ARRIVERÀ AL MERCATO, TIMORI PER DEPREZZAMENTO, EXPORT ED INVENDUTO: «RISCHIAMO DI CHIUDERE, SERVE LIQUIDITÀ»

«O si salva la filiera anche per il prossimo anno, o il mercato ortofrutticolo di Chioggia è destinato alla chiusura». Sono parole dure ma lucide quelle di Giuseppe Boscolo Palo, amministratore di Chioggia Ortomercato del Veneto, la società che gestisce la struttura di Brondolo: alla vigilia della raccolta del radicchio -il prodotto clou per l'orticoltura clodiense- l'emergenza da Coronavirus tiene fermi i mercati domestici e internazionali, così intere derrate di prodotto rimangono stoccate nei frigoriferi delle aziende, che sperano di farle partire.
Nonostante sabato scorso la sede delle vendite sia stata risanata, la congiuntura non promette niente di buono, per l'apprensione delle numerose famiglie coinvolte nel comparto. Boscolo Palo, che è anche presidente del Consorzio di tutela del Radicchio di Chioggia IGP, racconta la situazione: «Martedì 24 marzo - spiega Palo a Chioggia Azzurra - l'assessore regionale Giuseppe Pan ha convocato i mercati ortofrutticoli di Verona, Padova, Treviso, Lusia e Chioggia. Gli ultimi due alla produzione, i primi tre all'ingrosso: top italiani, ad esempio Padova il primo per le esportazioni, specie verso est. Loro stavano già vivendo la situazione di disagio, noi siamo in attesa di viverla».
Il radicchio infatti sarebbe già stato pronto in questa settimana, se non avessero influito la bora e il freddo. Martedì prossimo, 7 aprile, sarà comunque il giorno in cui il "principe rosso" arriverà al mercato: «Stiamo facendo il giro dei produttori per portare i commercianti ad acquistarlo - continua Giuseppe Palo - dal momento che chi lo distribuisce sarà attento a osservarne l'andamento dei prezzi. Tuttavia già sappiamo che essi non si alzeranno, dopo un anno in cui la media del valore venduto è stata la più bassa della storia recente, a soli 23 centesimi».
L'incognita quindi sta nelle vendite del nuovo radicchio, specie nella grande distribuzione che in questo periodo di emergenza ha aumentato i propri costi: «Le dinamiche del prodotto fresco sono negative - osserva l'amministratore dell'ortomercato - perché oggi il consumatore cerca maggiormente il prodotto surgelato, o confezionato in uno o due pezzi, come le carote. Mentre i prodotti sfusi e di stagione subiscono difficoltà, vedi gli asparagi».
Anche se la grande distribuzione vanta aumenti di vendita in doppia cifra (20-30%) nel mese di marzo, aver chiuso gli altri canali come Ho.Re.Ca. (alberghi, ristoranti, mense), oltre ai mercati rionali e ambulanti, ha creato ulteriori problemi al settore. L'export soffre, e il prodotto imbustato -come il radicchio- non regge nel periodo in cui c'è molto più tempo per preparare il pranzo e la cena espressa a casa, con drastico calo delle vendite.
Che fare? Giuseppe Boscolo Palo ha inviato una comunicazione alla Regione (per conoscenza, anche all'assessore comunale all'agricoltura e ai mercati, Daniele Stecco), per dire che serve tanta liquidità da parte dello Stato: «Nei decreti emanati finora - aggiunge - c'è poco o niente per l'agricoltura e la pesca, solo cento milioni e pochissima attenzione. Serve un altro "decreto Conte", nel dialogo con l'Unione Europea per gli eurobond senza vincoli: la Germania mette 550 miliardi nella partita, l'Italia solo 25, ovvero briciole».
L'assessore regionale Pan ha chiesto contributi di idee e ricontatterà i mercati la prossima settimana: «Alla fine della crisi - valuta Boscolo - occorrerà riscoprire il valore che ha l'origine del prodotto, il marchio IGP che cento prodotti hanno in Italia, e di cui si servono dieci produttori a Chioggia. Anche i ristoranti dovrebbero privilegiare prodotti locali da fornire ai propri clienti. Ma intanto, se non si vende il prodotto, la manodopera non serve, perché tocca buttarlo via dopo mesi di fatica affinché cresca. In Puglia nemmeno stanno raccogliendo le cime di rapa».
Il presidente del Consorzio di tutela del Radicchio di Chioggia IGP fa il parallelo con la situazione avvenuta nel 1986, a seguito delle radiazioni nucleari di Chernobyl: «L'ho riferito alla seduta del Centro Operativo Comunale. Allora l'AIMA aveva ritirato il prodotto dal commercio, l'ente che gestiva il mercato di Chioggia si era uniformata. Era stato pesato tutto il radicchio, alla presenza di un militare della Guardia di Finanza, e lo Stato ha staccato l'assegno al gestore del mercato, riverberatosi tra le cooperative e i commissionari, fino ai produttori. Allora si era salvata l'intera filiera, bisognerà agire ancora così altrimenti il mercato chiude».

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